Malisana
Come per il resto del territorio comunale, anche Malisana deve il suo aspetto urbanistico attuale all'insediamento della SNIA Viscosa. Qui, in particolare, furono collocate alcune abitazioni per i salariati agricoli, tuttora esistenti e visibili, che l'architetto Giuseppe De disegnò ispirandosi, almeno per alcuni elementi, al modello della casa rurale friulana. Questi fabbricati ospitano sei alloggi disposti su tre piani, collegati tra loro da scale esterne indipendenti e sono circondati da orti e giardini.
La storia di Malisana è però molto più antica ed è legata alla via Annia, l'importante strada romana costruita nel 131 a.C. Il toponimo appare comunque per la prima volta in un documento del 1161: a quell'epoca le poche case che costituivano il paese circondavano l'antica chiesa dei SS. Pietro e Paolo al cimitero. Il nucleo dell'odierna Malisana risale invece alla fine del XVII secolo, quando gli abitanti del piccolo borgo, a causa dei continui allagamenti del territorio, decisero di abbattere le poche abitazioni e di ricostruire il paese in un luogo più elevato e più protetto dalle alluvioni. Al centro del nuovo abitato venne edificata una piccola cappella, che fu poi ingrandita e divenne l'attuale chiesa parrocchiale, anch'essa dedicata ai SS. Pietro e Paolo.
L'antica chiesa dei SS. Pietro e Paolo al cimitero (oggi Chiesa dell'Immacolata Concezione)

La chiesa ebbe probabilmente origine da un’ancona romana dedicata a una divinità pagana; a seguito della diffusione del cristianesimo, nel VI-VII secolo, l’ancona venne trasformata in un oratorio paleocristiano, distrutto poi durante le invasioni ungaresche. Nel X secolo fu ricostruita una piccola aula rettangolare, che corrisponde al corpo centrale dell’edificio odierno. La struttura subì nel corso del tempo vari rimaneggiamenti: fu ampliata nel XV secolo con l’aggiunta dell’abside semicircolare e fu ulteriormente ingrandita nel 1485, facendole assumere l’attuale forma poligonale con volta a crociera; venne poi innalzato un campaniletto a vela, tipico delle antiche chiesette rurali della Bassa friulana, sostituito nel XVII secolo con l’alto e massiccio campanile a torre, ancora in loco; sempre nel XVII secolo vennero aggiunte le due navate laterali, che le conferiscono un aspetto insolito per una chiesa di così piccole dimensioni. La chiesetta cimiteriale, oggi dedicata all’Immacolata Concezione, divenne parrocchiale a metà del 1500, dopo essersi staccata dalla pieve di Porpetto.
L’ingresso, come di norma, è collocato a ovest, mentre l’abside a est, a indicare simbolicamente il percorso che deve compiere il fedele dalle tenebre verso la luce, verso il luogo dove si manifestò il figlio di Dio. All’interno, l’altare è costituito da un tronco di colonna dorica di epoca romana, sormontato da una lastra di pietra. Portati alla luce durante i restauri del 1931, gli affreschi della parte absidale costituiscono ciò che rimane di una vera e propria biblia pauperum, destinata a far comprendere le sacre scritture alla popolazione, allora per lo più analfabeta, attraverso disegni semplici e chiari. La disposizione delle scene non si discosta da quella solita delle chiesette coeve, infatti troviamo rappresentati tra i costoloni della volta, i dottori della Chiesa disposti a due a due (a sinistra papa Gregorio benedicente e san Gerolamo con la veste cardinalizia; a destra sant’Ambrogio vescovo e sant’Agostino, pure in abiti vescovili). Nelle vele posteriori della volta sono raffigurati gli evangelisti Marco e Giovanni, andati perduti invece Luca e Matteo, probabilmente rappresentati nelle due vele anteriori. Dell’incoronazione della Vergine, affrescata nella vela centrale, rimangono solo tre angeli. Sulle pareti laterali, partendo dalla lunetta di sinistra, si trovano una Crocifissione, affresco di un certo pregio, una Resurrezione, una Natività e parte di un’Annunciazione con un angelo annunciante di discreta fattura. Secondo lo schema compositivo tradizionale, nello spazio sottostante sono raffigurati, divisi da colonnine, gli apostoli e alcune sante. Su uno stipite della finestra dell’abside è riprodotta una testa maschile inquadrata in un medaglione, sotto il quale sono leggibili ancora alcune lettere, ma non è possibile comprendere il significato dell’intera scritta; si può presumere che rappresenti o l’esecutore degli affreschi o il committente dell’opera.
Alla base dei pilastri che sostengono l’arco trionfale sono raffigurati due santi popolari: san Rocco a destra e san Sebastiano a sinistra, protettori della comunità contro le tremende e cicliche epidemie di peste o altri contagi. Nell’intradosso spicca un motivo a girali; nel frontone dell’arco a sinistra si vede Caino che offre a Dio il suo fascio di spighe, ben diritte a indicare la scarsità di chicchi, dall’altra parte, parallelamente doveva trovarsi la figura di Abele, ma il dipinto è scomparso. Gli affreschi, databili alla seconda metà del XV secolo, sono ancora di incerta attribuzione; alcuni storici dell’arte vi ravvisano stile e schema decorativo legati alla scuola tolmezzina, ma altre attribuzioni, mettendo in risalto il collegamento con il mondo della miniatura, riconducono all’opera del miniatore udinese Giovanni de Cramariis.
[tratto da: Torviscosa. Geometrie autarchiche nella Bassa friulana. LAPIS Associazione culturale, 2010]